Sono oltre 10 anni che non c’è più. Stiamo parlando di Ray Charles e del suo passato da “Genius” con un futuro da leggenda. Ma la “voce del soul”, spentasi all’età di 73 anni causa malattia, abita ancora tra noi grazie a Teo Teocoli. Lo intervistai proprio mentre Ray Charles spadroneggiava ai vertici delle hit musicali italiane con il suo disco postumo “Genius loves company”, prima ancora che negli States uscisse l’attesissimo film diretto da Taylor Hackford dove il divo nero del momento, Jamie Foxx, lo ha interpretato rivisitando tutta la vita.

E se in Italia ha echeggiato la “Ray Charles” mania, un poco lo dobbiamo al nostro Teocoli che, con le sue pantomime ha sempre celebrato questo grande artista, mettendo tutti d’accordo sull’argomento clone: Teo è il nostro personalissimo Ray Charles. Il pianoforte nero, il martellare dei polpastrelli sui tasti, gli occhiali scuri e l’ondeggiare incofondibile della testa, sono il suo tramite per farcelo rivivere. Lo avete mai visto esibirsi in questi speciali panni, che gli calzano quasi meglio dei propri?

È lo stesso Teocoli ad averci anticipato che non lo lascerà morire: «Lo celebrerò per sempre, anzi ne farò un numero più lungo con una cantante, proprio come aveva lui. Voglio fare la canzone che mi ricorda di più la mia gioventù “I can’t stop loving you”. Da Ray Charles sono rimasto fulminato molti decenni fa, quando avevo 16 anni e andai al Lirico con i miei genitori a vederlo. Quando uscì lui con l’orchestra di 25 elementi tutti neri, più 3 coriste grassissime sono stato trapassato dalla sua musica e dalla sua anima. Ed è diventato il mio idolo, meno parlato e celebrato di Elvis o dei Beatles, ma un grande!».

E continua – «In quegli anni avevo appena conosciuto un altro mio idolo, Adriano Celentano e sapendo del suo apprezzamento per Ray Charles ne fui plagiato. Almeno avevamo una cosa in comune. Una sera decisi di “farlo” in uno spettacolino tra amici, era più una bonaria presa in giro sui suoi movimenti, sulla sua smorfia sempre felice con la bocca sorridente con i denti ben visibili, con la testa verso l’alto quasi fosse trasportato dalla musica. È piaciuto subito. Mia madre quando lo facevo rideva fino alle lacrime. Così è diventato un cavallo di battaglia ed ogni volta che lo faccio mi gaso talmente tanto al punto di sentirmi lui. Mentre canto “Georgia on my mind”, ovviamente alla mia maniera, io mi sento un Dio perché è qualcosa che ho dentro. Il soul ti prende. Non avevo mai fatto passare un anno senza comprare un suo disco, ho anche l’ultimo postumo che contiene molti inediti. Quando ho fatto Ray Charles in Tv per la prima volta con un’orchestra di 26 elementi e sono partiti i violini, ho avuto i brividi. Sono sempre stato magicamente in sintonia. Non parlo inglese, non conosco le parole, ma non le voglio imparare. Non ho bisogno d’altro che di tirarlo fuori. Ray Charles non è più l’uomo, oggi è come l’aria, lui vibra ed è un soffio. Purtroppo non l’ho mai conosciuto: ci sono andato vicino una volta dopo un Sanremo di Fazio, ma poi non accadde. Comunque sono felice perché quando lo interpreto, il pubblico mi guarda come avrebbe guardato lui. Ed è allora che mi rendo conto che io non lo imito. Lo sostituisco».