Quando nel 1663 il Capitano William Hilton navigando lungo le coste del South Carolina scoperse questa lussureggiante isola e decise di chiamarla con il suo nome, Capo Hilton appunto, mai avrebbe sospettato che qualche centinaio di anni più tardi la stessa isola sarebbe diventata una delle mete di vacanza più famose del sudest americano con oltre due milioni di vistatori all’anno e presenze che possono raggiungere le 275.000 unità, a fronte di una popolazione residente di 37.000 abitanti.

Hilton Head Island, e l’omonimia con la nota catena alberghiera ha senz’altro contribuito ad accrescere la fama del posto, ha una ricca storia che è iniziata migliaia di anni fa con gli insediamenti periodici delle tribù nomadi dei nativi americani, per poi proseguire con l’arrivo degli europei che diedero inizio alla coltivazione ed al commercio di canna da zucchero e cotone.

Durante la guerra civile americana l’isola venne utilizzata come base navale per presidiare le coste ed attuare il blocco dei porti dell’Unione sudista. Ancora oggi molti dei residenti sono discendenti di quegli schiavi, che impegnati nella raccolta del cotone, insorsero in quel periodo e combatterono al fianco delle truppe del nord.

Hilton Head Island è un’oasi naturale perfettamente conservata e tutelata e rappresenta l’habitat ideale per una notevole diversità di fauna selvatica, tra cui alligatoricervitartarughe marine Caretta, lamantini, delfini e centinaia di specie di uccelli. Nelle acque attorno all’isola si può assistere ad uno spettacolo veramente eccezionale, perché questo è uno dei pochi posti al mondo dove i delfini usano abitualmente una tecnica di caccia chiamata “alimentazione strand”.

I cetacei si raggruppano spingendo i pesci sui banchi di fango per poi cibarsene e lasciarsi scivolare indietro nell’acqua. L’inizio dello sviluppo turistico di Hilton Head, risale al 1956 quando Charles E. Fraser costruì la prima struttura di accoglienza, il Sea Pines Resort con l’intento di valorizzare i diciannove chilometri di spiagge sabbiose affacciate sull’Oceano Atlantico.

Fraser che era un ambientalista convinto, si è sempre impegnato perchè nell’isola l’aspetto ecologico venisse costantemente tutelato e protetto, opponendosi ad ogni tipo di insediamento che non rispettasse severe regole di salvaguardia della natura selvaggia. Ancora oggi Hilton Head Island è famosa per essere ‘eco-friendly’, sia per l’utilizzo dei materiali da costruzione, sia per lo stile degli edifici che non devono superare l’altezza della vegetazione.

Lo sviluppo residenziale è vincolato al mantenimento degli alberi esistenti, con il risultato che l’isola gode di una quantità di copertura arborea notevolmente superiore alla media nazionale, rispetto al numero delle unità abitative presenti sul territorio. Grazie alla costante presenza turistica Hilton Head Island offre durante tutto l’anno un notevole numero di manifestazioni culturali, musica, spettacolo, arte ma anche degustazione di vini e prodotti tipici locali, festival e rievocazioni storiche.

Con una temperatura massima media che in estate non supera i 32° C., e in inverno non scende sotto i 16° C., Hilton Head Island è il luogo ideale per giocare a golf tutto l’anno. L’isola gode inoltre di una consolidata tradizione golfistica, il 1962 è l’anno nel quale venne inaugurato, il primo percorso a 18 buche l’Ocean course del Sea Pines Resort.

Dal 1969 le buche del percorso dell’Harbour Town Golf Links ospitano l’unica tappa del tour PGA statunitense in South Carolina, la vittoria di Arnold Palmer, in quella prima edizione, contribuì a diffondere la fama dell’isola e dei suoi campi da golf. Oggi nel solo spazio dei 109 chilometri quadrati di Hilton Head Island si trovano 25 percorsi pubblici e 4 privati. I percorsi aperti al pubblico sono:

Il Palmetto Hall Plantation 36 buche con i percorsi firmati da Robert Cupp par 72 di 7079 iarde e Arthur Hills par 72 6918 iarde. L’Oyster Reef Golf Club 18 buche disegnate da Rees Jones, par 72 di 7018 iarde. Il Port Royal Golf Club 54 buche, il Barony course 18 buche di George W. Cobb par 72 di 6543 iarde, il Planter’s Row di Willard C. Byrd par 72 di 6625 iarde e il Robber’s Row ideato da Pete Dye par 72 di 6657 iarde.

Lo Shipyard Golf Club 27 buche disegnate daGeorge W. Cobb e Willard C. Byrd. L’Hilton Head Island Country Club 18 buche di Rees Jones par 72 di 6919 iarde. Il Sea Pines Resort con tre percorsi da 18 buche, l’Harbour Town di Pete Dye par 71 di 7101 iarde, l’Heron Point dello stesso Dye par 72 di 7103 iarde e l’Ocean Course di Mark Mc Cumber par 72 di 6906 iarde.

Il Palmetto Dunes 54 buche complessive firmate da Robert Trent Jones par 72 di 7005 iarde, George Fazio par 70 di 6873 iarde e Arthur Hills par 72 di 6651 iarde. L’Hilton Head National 18 buche disegnate da Gary Player par 72 di 6730 iarde. L’Island West Golf Club 18 buche di Fully Zoeller par 72 di 6803 iarde.

L’Eagle Pointe Golf Club 18 buche di Davis Love III° par 71 di 6738 iarde. Il Crescent Pointe 18 buche progettate da Arnold Palmer par 71 di 6773 iarde. Il Golden Bear Golf Club 18 buche di Jack Nicklaus par 72 di 7014 iarde. Il May River 18 buche di Jack Nicklaus par 72 di 7171 iarde.

L’Hampton Hall Golf Course 18 buche di Pete Dye par 72 di 7489 iarde. L’Old South Golf Links 18 buche da un progetto di Clyde Johnston par 72 di 6772 iarde. Il Rose Hill Golf Club 18 buche di Gene Namm par 72 di 6961 iarde.

Un’offerta straordinaria di percorsi da campionato di ottimo livello disegnati da alcuni dei nomi più prestigiosi del panorama golfistico mondiale. Bellissimi campi costellati di profondi bunker, innumerevoli ostacoli d’acqua e fairway sempre ondulati che si distinguono anche per la perfetta manutenzione del manto erboso.

Dall’Oceano una brezza costante li attraversa, rinfrescando i giocatori ma interferendo spesso sul volo della palla. Un numero complessivo di 423 buche immerse nella natura incontaminata, in grado di suscitare emozioni per il paesaggio, la ricchezza della flora, la bellezza della fauna, ed i profumi dell’Oceano, ma soprattutto in grado di divertire i giocatori di ogni livello tecnico e di infondere, a chi gioca con un handicap basso, il desiderio di tentare i colpi più arditi per il piacere di misurarsi con il golf dei campioni.