Metti una sera a cena, una qualunque, non necessariamente quella speciale che accompagna un brillante da due carati.

Comodamente rilassati nell’automobile che percorre l’A22 del Brennero, direzione e uscita Reggiolo, ameno paese adagiato sulla pianura reggiana ai confini con la provincia mantovana. Da queste parti il paesaggio di notte si presenta tra zolle di terra immaginate, ombre orfane di colline e un prezioso silenzio che aiuta a calmare il respiro. Come tutti i piccoli comuni, anche questo sfoggia un’aria tersa e ritmi rallentati che fanno bene all’anima.

Per tale ragione ci si prepara e si esce di casa. E si entra in un’altra, una villa di fine ‘700 del periodo dei Lumi, un edificio attentamente recuperato che ospita, almeno nella nostra epoca a cavallo del millennio, il ristorante Il Rigoletto.

Arrivarci la prima volta è un po’ come ritornarci. Tutto pare familiare, anche il curato vialetto di accesso, delimitato da siepi senza spine, restituisce la sensazione di accoccolarsi nel morbido di un piumone.

E poi si varca la soglia, al fianco della quale inamovibili valletti, due piccoli divani in velluto rosso, attendono sotto i lampioni di ferro battuto gli irriducibili della sigaretta e gli amanti di un buon sigaro.

Sarebbe questo il momento adatto per rimembrare Giuseppe Verdi le cui sinfonie indussero il titolare e chef, Gianni D’Amato, ad imporre al locale questo nome. “Sono un estimatore della lirica, ma mi è piaciuta la caratterizzazione del buffone sullo sfondo gonzaghesco, un personaggio ironico e ben esaltato dal compositore di Busseto. Mi ha convinto soprattutto la vecchia credenza popolare che la gobba porti fortuna”.

Come per Verdi anche la vita di D’Amato, schiena appena ricurva da 30 anni di appassionato mestiere, è distinta da due periodi. Quello giovanile, in Aulla in provincia di Massa Carrara, suo luogo di nascita, dove ha aperto una trattoria dando corpo al sogno bambino di ricalcare le orme di altri due ristoratori, i suoi bisnonni. E quello della piena maturità che dal giugno 1998 lo vede trasferirsi a Reggiolo per inseguire una nuova avventura, aprire Il Rigoletto e lavorare dentro un pezzo di Storia.

“Volevo diventare cuoco perchè sin da piccolo mi piaceva paciugare”.

Mentre Gianni parla, gesticola e sorride usando le sopracciglia. Repentini lampi negli occhi appena socchiusi gli addolciscono ulteriormente i lineamenti.

All’esterno arbusti autoctoni giocano a nascondino con alberi patriarca e se la stagione estiva lo permette, ad attendere i commensali c’è un ampio patio con laghetto, fontana e candele.

Chiusi in questo spicchio di mondo nascosto allo sguardo dei passanti, si aprono le ragioni di alcuni dei piaceri della vita.

A Il Rigoletto si sfruttano principalmente tre dei cinque sensi, il gusto, l’olfatto e la vista, sebbene l’udito sia deliziato dal canto dell’emergente soprano Giorgia Fumanti e il tatto possa compiacersi di candide porcellane Bernardeau, di coloratissimi gotti di Murano, di evanescenti tessuti egiziani antistress, di posateria Berti mischiata ai massicci coltelli di Laguiole.

I bicchieri sulle immacolate tovaglie sono tutti diversi. Dove sta scritto che il rigore di un’ordinata omologata identicità, debba vincere sull’unicità fantasiosa di ogni singolo boccale?

Il croutin della cantina viene rifornito indifferentemente dall’est all’ovest planetario, ma è il sommelier Stefano Lanzani ad incuriosire le papille che attendono di incontrare il nettare di Bacco. Con Stefano il vino perde ogni segreto e diventa trasparente come le acque minerali proposte.

Già…la lista delle acque. Trascina nel blu di abissi e conchiglie dipinti da Nani Tedeschi di Reggio Emilia e richiede da sola quindici minuti di full immersion per scoprire che il magnesio aiuta la digestione e non mantiene soltanto la muscolatura.

Alle pareti della sala salmone, il rosso dei quadri di un pindarico Inferno dantesco della pittrice Antea Pirondini, accende anche d’estate l’antico camino presente e mentre sui tavoli cade dal soffitto la luce dei morbidi decori floreali, pare di sentire sempre il crepitio della fiamma.