“Ho dei gusti semplicissimi. Mi accontento sempre del meglio”, scriveva Oscar Wilde. Ma a dirla tutta, anche il meglio è soggettivo, soprattutto a tavola, sennò il caviale piacerebbe anche ai bambini e le ostriche non risulterebbero indigeste a qualcuno.

Lo chiarisce bene il Food Pairing, la tecnica che insegna cosa abbinare e cosa no, perché, anche se nel corso dei secoli la cucina ha sviluppato una serie di regole empiriche per miscelare i sapori ed ottenere combinazioni gradevoli, non è detto che non si possa cambiare. Certo, aspro e dolce vanno spesso bene, ma perché non abbinare insieme amaro e salato? I 5 sapori (salato, aspro, dolce, amaro e umami), grazie al nostro olfatto, che è praticamente un lasciapassare soggettivo, si possono combinare ulteriormente e Oscar Wilde, se vivesse in quest’era dove coctione docet (la cucina insegna), forse valuterebbe di rivedere la sua frase.

Colui che certamente ha abbracciato questo nuovo sguardo, optando per un perfetto amalgama che tenga a riferimento i recettori olfattivi (per capirci, sono almeno 400 tipi diversi e riescono a distinguere più di 10.000 odori differenti), è Heston Blumenthal. Come gli altri precursori di questa tendenza, per sperimentare il suo nuovo modo di cucinare lo Chef Heston ha creato varie ricette accostando ingredienti insoliti: caviale e cioccolato bianco, ad esempio, ma anche banane e prezzemolo, oppure salmone e liquirizia.

Heston Blumenthal ha sposato la teoria che non esistono “aromi fondamentali”, basandosi sull’ipotesi che “se due ingredienti condividono, nei profili aromatici, una o più molecole, possono dare luogo ad una combinazione piacevole”. Utilizzando questa ‘filosofia’ Blumenthal ha scoperto altri ottimi accostamenti, kiwi e ostriche condividono addirittura il 40% delle molecole che compongono il loro aroma. Questa teoria fornisce una base scientifica anche ad alcune ricette italiane della nostra tradizione che utilizzano da tempo immemore il cacao mischiato alla carne cotta (con la quale ha affinità di molte molecole), come accade nella romana coda alla vaccinara, o nel cinghiale in dolce-forte citato anche dall’Artusi.

Heston Blumenthal ha rivoluzionato così la sua, ma anche la nostra visione culinaria. E noi crediamo che proprio di visione si tratti. Piscologica oltre che visiva. Perché, dopo un veloce sondaggio tra la gente, siamo pressoché convinti che se Blumenthal vorrà abbattere le barriere residue ad assaggiare piatti ritenuti troppo spinti, intendiamo per accostamenti, dovrebbe lanciare un nuovo modo di andare al ristorante. Facendo salve le allergie, dovrebbe invitare i suoi commensali a mangiare bendati, ignari di cosa andranno a gustare. Soltanto così, chi metterà le gambe sotto il tavolo, potrà davvero apprezzare senza pregiudizi quanto gli si presenterà all’olfatto e al palato. E pazienza se per una volta ‘la vista non ci guadagnerà’.