Quando si pensa alla cucina piemontese è più facile che venga alla mente un cibo ricco di calorie che uno light, adatto alla dieta. Ma, anche se la forma fisica pare essere diventata un leit motif di questa vita moderna, non bisogna perdersi l’opportunità di provare i sapori del Piemonte, una cucina che propone piatti per ogni stagione, ma che, in fondo in fondo, si attanaglia meglio all’autunno e all’inverno. Piatti che, mentre scaldano lo stomaco, accendono tutti i sensi.

La prova provata l’abbiamo avuta a Felizzano, una piccola cittadina tra Alessandria e Tortona, al ristorante La Torre nella piazza principale.

I modi di una gestione familiare che, per chi non conosce i piemontesi, si può pensare un pizzico affettata, ma certamente educata ed accogliente. La passione che subito si legge nelle persone di buona creanza, e che viene tramandata da padre, non del mestiere, in figlia, che, pur lavorandovi part time, ne sta facendo il centro del suo universo.

Tutto, dall’amore per la cucina all’attenzione per i commensali, viene trasmesso e arriva nei piatti. Si percepisce, in bocca, nel naso, negli occhi, nel tatto, tramite le posate. Se ogni ricetta si traduce in una valutazione,  non si può non riconoscere che, al Ristorante La Torre, dagli antipasti al dolce, si rasenta la perfezione. E lo scrive una giornalista piemontese, anche se non una gourmet di professione.

I tanti antipasti, da sempre nell’ambito culinario una delle prerogative del Piemonte, dal vitello tonnato ai peroni in bagna càuda, dalla carne cruda all’albese allo sformato di verdura con fonduta, dal cacciatorino al salame cotto, hanno messo in evidenza l’alta capacità dei titolari di sapere anche approvvigionarsi.

Se ogni ricetta si traduce in una valutazione,  non si può non riconoscere che, al Ristorante La Torre, dagli antipasti al dolce, si rasenta la perfezione.

La genuinità di ogni singolo ingrediente ne è stata la prima perfetta conferma. I ravioli di stufato, giusti nelle dimensioni, né troppo grandi né troppo piccoli, come da tradizione, soprattutto non unti, come mai dovrebbero essere, sono stati la seconda gustosissima portata.

Riguardo ai secondi, il titolare (non ci è stato presentato alcun menu) proponeva anche la trippa, un piatto straordinariamente difficile, ma, le quantità ci hanno impedito di ordinarla (anche se i vicini di tavolo l’hanno talmente decantata da farmi ripromettere di tornare).

Sul dolce devo fare un inciso. Fino a che non ho scelto deliberatamente di smettere di cucinare, sono stata una buona cuoca e, certamente, uno dei miei cavalli di battaglia era la panna cotta. Avendo messo alla prova tanti ristoranti, non ne avevo ancora trovata una che non mi avesse fatto rimpiangere la mia. È successo qui, la panna cotta curata amorevolmente dalla giovane figlia del titolare è stata all’altezza di quanto ogni panna cotta bianca dovrebbe solleticare.

Morbida al tocco del cucchiaino, carezzevole alla lingua, delicata, ma deliziosa al gusto. Una squisitezza da sovrana.

Tornare al ristorante La Torre sarà dunque la semplice conseguenza. A maggior ragione se si valuta che in due, pur senza avere gustato il secondo, bevendo però una buona Barbera in bottiglia, abbiamo speso 50 euro.

E speriamo che il rapporto qualità prezzo resista. Che i titolari, avendo tali buoni riscontri, non cedano al canto delle sirene. Non solo perché il Piemonte ha bisogno di veicolare la propria immagine permettendo all’eccellenza della tradizione culinaria di essere fruibile da un numero più ampio possibile di tasche, ma soprattutto perché questi templi del gusto genuino vanno in aiuto alla vita.

Si esce da La Torre satolli, soddisfatti e sicuramente più felici!