Panorama da paradiso terrestre sulle dune di Jandia

Tutta la solitudine e il fascino connessi all’identità di isola. E l’essenza delle caratteristiche fisiche di una tale posizione geografica: non Africa, non Europa, anzi sia Africa sia Europa. Fuerteventura è come tutte le madri: la più vecchia delle Canarie, di queste la più arida e la meno popolata, meta preferita da chi ricerca la natura, i ritmi lenti e rassicuranti, il sole e le spiagge lunghissime, gli sport acquatici e le passeggiate in un ambiente ancora in parte lontano dalla speculazione del viaggio all inclusive.

Il mare si vive tutto l’anno: le condizioni naturali e la fortunata posizione geografica consentono uscite in vela sportiva o surf tra Lanzarote, Gran Canaria e La Palma; e vari sport d’acqua, immersioni e fotografia subacquea, rese invitanti dalla tranquillità delle correnti e dalla ricca bellezza naturale dei fondali; l’esperienza – anche dilettante – di attività sportive a contatto con l’ambiente, grazie a una buona organizzazione di scuole e guide specializzate; per gli amanti della libertà, le Canarie sono adatte alla pratica di windsurf e kitesurf e offrono – unico sito in Europa, si dice – il contesto ambientale necessario per il town-in surf, ovvero il surf estremo, quello che ricerca l’onda perfetta, generalmente tipica delle coste del Pacifico.

Visita alle saline del Carmen

Ma torniamo a Fuerteventura: fa parte dello Stato spagnolo, ma si trova nella fascia subtropicale dell’Oceano Atlantico verso la costa nordafricana – che è lontana appena un centinaio di chilometri, alla latitudine di Florida e Messico. Un piccolo paradiso europeo, a 28° 20’ Nord 14° 1’ Ovest: insieme alla Gran Canaria, La Gomera, Lanzarote, El Hierro e Tenerife compone l’arcipelago delle Canarie, che fa parte dell’ecoregione della Macaronesia che comprende anche le Azzorre, Capo Verde e Madeira. Origine vulcanica, clima regolato dagli alisei in estate: mai meno di 18°, né oltre 24°, un caldo gradevole con brezza costante, e un’atmosfera sufficientemente libera da permettere di indossare (tutto l’anno!) bermuda e infradito, canotte e abiti leggeri. E più di centocinquanta spiagge litoranee, una cinquantina di chilometri di sabbia bianca fine e altri venticinque di sottile ghiaia.

Alloggiare negli agriturismi, o nelle accoglienti e originali costruzioni rurali, è un degno approccio per chi desidera vivere il luogo intimamente. Questi estesi pianori sono una caratteristica unica nell’arcipelago. Storicamente l’occupazione del territorio si è rivolta verso l’entroterra, favorendo lo sviluppo di agricoltura e pastorizia con i casolari tradizionali.

Oggi, l’isola ha assunto in parte un carattere semidesertico. Degni di nota sono i famosi formaggi detti quesos majoreros, prodotti con latte di capra: questi ovini sono parte integrante del paesaggio, della storia e della cultura dell’isola, al punto che – si racconta – i pastori e gli allevatori del posto hanno elaborato un linguaggio specifico, in grado di identificare ogni singolo animale in base al colore del vello, alla disposizione delle macchie e alle caratteristiche delle corna, delle orecchie o delle zampe.

Il braccio di mare cristallino che separa Islote de Lobos

I paesaggi naturali, da cartolina: i chilometri di dune di sabbia a Corralejo, e la caratteristica montagna sacra di Tindaya, infatti, sono soltanto alcune delle meraviglie di Fuerteventura.

Alle prime è strettamente legato un isolotto situato a poco più di un miglio a nord-est, nello stretto della Bocaina, l’islote de Lobos: il braccio di mare che separa è detto il Rio, e la profondità non supera i dieci metri; un tempo rifugio della foca monaca, oggi conta circa centotrenta specie animali e vegetali, meravigliosi fondali e saline naturali lungo la costa ricche di uccelli nidificanti sul rilievo della Caldera (127 metri sul livello del mare).

Da qui si vede il parco naturale di Corralejo, situato nella parte settentrionale dell’isola: un’area protetta di valore paesaggistico, che comprende un vasto campo di dune di sabbia, una zona di terreno vulcanico detta malpaìs – riconoscibile l’etimologia di terra cattiva, arida – e l’antico cono eruttivo della Montaña Roja, ricoperta di piante tipiche di questo ambiente e di queste latitudini come lo Zygophyllum fontanesii, la Suaeda vera e il Traganum moquinii, inoltre habitat della maggiore colonia di ubara, uccello selvatico caratteristico dei luoghi desertici, qui presente nella sottospecie locale di Chlamydotis undulata fuerteventura; è consigliato visitare anche il paesino che dà il nome al parco.

Non lontano, merita una tappa il malpaìs del vulcano de la Arena, 420 metri, dove diecimila anni fa ebbe luogo una delle ultime eruzioni: il monumento naturale formatosi non fu mai alterato dall’uomo, e ospita una delle maggiori colonie dell’arcipelago di saltimpalo, uccellino della famiglia dei Muscicapidi in grave pericolo di estinzione. Tindaya, testimonianza caratteristica della geomorfologia locale, è ben visibile da tutta la porzione a nord dell’isola: perfetta piramide di terra, emozionante e suggestiva, conserva in cima incisioni podomorfi aborigeni di probabile significato religioso – da qui la definizione di montagna sacra.

Numerosi altri spot naturalistici protetti sono disseminati ovunque.

La Barca, baia ideale per chi ama il windsurf

Citiamo, in un casuale elenco dovuto alla ricchezza del luogo, il Cuchillo de Vigàn sulla costa a sudest – maestosa formazione geologica caratterizzata nei secoli da una forte erosione, che regala oggi un paesaggio di ripetuti versanti a forma di coltello, paralleli tra loro e perpendicolari al litorale, alternati ad ampie vallate di pregio naturalistico; per contro, nella lingua di terra che costituisce l’estremo sudovest dell’isola, la spiaggia del Matorral – purtroppo compromessa dall’attività turistica – invita a riflettere sugli interventi dell’uomo sull’ambiente tramandando il valore delle saline naturali o saladar, habitat di particolari specie vegetali.

Non lontano, il grande parco di Jandìa regala alla vista la sua varietà di scorci: di fronte a Playa La Barca per una lezione di windsurf, oppure sul rilievo più alto dell’isola detto Picco della Zarza (m. 807) dove cresce il cardo selvatico di Jandìa – endemico e simbolo vegetale di Fuerteventura, oppure ancora presso la formazione rocciosa dell’Arco di Cofete.

Betancuria, antica capitale di Fuerteventura

A una settantina di chilometri, troviamo il parco rurale di Betancurìa, vero e proprio gioiello geologico e morfologico, caratterizzato da una profonda erosione e da graffi lineari del terreno di impatto monumentale: la tradizione economica di questo territorio ha sviluppato qui l’agricoltura e la pastorizia – siamo verso il centro dell’isola, sulla costa occidentale – e lo testimoniano strutture come quella del paese di Betancurìa denominata Granja de Pepe, per la lavorazione del formaggio; o ad Antigua, a una quarantina di chilometri di distanza verso est, dove si trova il Molino de Tiscamanita per la produzione del gofio, la farina di grano o di mais tostata tipica che i canari impiegano in una quantità pressoché infinita di ricette, con il latte caldo a colazione o per amalgamare il brodo di pesce, carne o verdure, oppure ancora per la cottura del gofio amasado, pane speciale del luogo.

A sud, una tappa nella preistoria geologica è d’obbligo con la visita della Cueva de Ajuy e dei dintorni: è la formazione rocciosa più antica dell’arcipelago, risalente all’epoca in cui Africa e America iniziavano a separarsi e i dinosauri popolavano il pianeta, costituita da sedimenti marini. Lasciando definitivamente la parte meridionale dell’isola, e risalendone il profilo orientale, degno di nota ancora ad Antigua è il Museo del Sal nelle saline del Carmen, così come – verso l’estremo nord, a Villaverde – la Cueva del Llano.

Foto: ARCHIVIO PATRONATO TURISMO DE FUERTEVENTURA