La capitale imperiale Odessa era nata, prima che il potere andasse ai soviet, per i mercanti e i navigatori, non certo per un film, ma La Corazzata Potëmkin gli ha lasciato il suo marchio per sempre.

Odessa non vive di luce riflessa perché ideata splendida a tavolino verso la fine del Settecento, o perché nei nobili androni e nei chiostri si coglie uno struggente alito di morte – come scrisse Luca Goldoni sul Corriere della Sera nel 1992. Quella maestosa scalinata Prymorski Bulvar, quella carozzina che scivola giù dai gradoni durante il massacro mentre la gente fugge, pare essere indissolubilmente legata alla città che si affaccia sul Mar Nero (e che oggi appartiene all’Ucraina) perché i viaggiatori che vi arrivano, sovente, lo fanno soprattutto con la voglia di rendere omaggio all’arte del cinema.

Anche se va detto che, in realtà, la trama del film narra una cosa e la Storia ne narra un’altra. Come spesso accade, il regista Sergej Ejzenstejn si è preso delle licenze poetiche, come quella di ambientare sulla scalinata i moti del 1905 della rivolta operaia, innescati causa la guerra russo giapponese, mentre in realtà il monumento restò completamente al di fuori dei tumulti che avvennero invece nella zona del porto, proprio laddove l’ex cittadina russa si era inizialmente sviluppata. Anche la sventata fucilazione sotto un telone bianco o la processione alla salma del marinaio ribelle, sono scene nate da pura fantasia.

Oggi l’Odessa del film sopravvive in alcuni bei palazzi di alcuni quartieri Liberty, ma non certo nelle abitudini lontane della gente bene di recarcisi a villeggiare.

E sebbene presenti ancora quelle ampie strade a più corsie di viabilità, ed i migliori architetti ne abbiano plasmato l’affascinante immagine, che va dal Barocco al Neoclassicismo, se non fosse che per la Belle Epoque che ci si respirava, forse piaceva di più la grande Odessa della Corazzata.

In fondo, tutto muta, ma la macchina da presa (fortunatamente) ha il potere di rendere un luogo immortale, non solo nelle pellicole cinematografiche, ma anche nella memoria di chi lo ha amato attraverso delle inquadrature sopraffine.