“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita”. Sì, siamo andati all’inferno e ne siamo tornati, ma prima ci siamo fermati a cenare.

Ed è un vero peccato doverne scrivere perché sappiamo che le aspettative che ci piacerebbe creare, e che non andranno certo deluse, potrebbero non essere prese sul serio. Per questo, più del solito, diamo spazio alle foto.

Si tratta del Rifugio degli Artisti a Dosso in provincia di Ferrara, un locale non locale, un museo non museo, un luogo, non luogo, ma un angolo unico e sorprendente di questa nostra Italia magica e straordinaria.

Si può cenare all’Inferno, ma anche no. Potrete scegliere di mangiare una pizza in Purgatorio, ma anche no. Potrete fermarvi a bere al pub in Paradiso, ma anche no. Avrete quindi la scelta tra 3 sale prima di andare a ringraziare in Chiesa per cotanta esperienza e bellezza. In effetti all’interno della proprietà el Rifugio degli Artisti c’è anche un edificio sconsacrato che il titolare Armando ha voluto fare erigere per raccogliervi ogni possibile oggetto sacro, quadri di Madonne e di Cristi, statue di Santi, abiti talari, una sorta di tavola dell’ultima cena ed anche un altare prezioso, per cui alla fine non vi resterà che fare due passi per chiarirvi le idee cercando di capire dove siete capitati.

Già Armando, un professore di teologia ristoratore! Con la sua lunga curata barba bianca, il saio nero ed il crocefisso di legno sempre al collo, regalo di una cara suora sua amica, vive tra questi maestosi tavoli da 40 anni. Tutto è iniziato per dare sfogo alla sua fervida immaginazione border linea tra sacro e profano e ne è risultato un posto curioso dove sovente arrivano ospiti illustri, del quale lui conserva elegantemente l’anonimato e già solo questo fa intendere lo spessore di questa persona, galantuomo prima ancora che commerciante.

Il Maurizio Costanzo Show lo ha invitato in trasmissione e la stampa di mezzo mondo ha parlato del suo Rifugio degli Artisti, ma Armando non se ne fa nemmeno un minimo vanto e non solo perché è discreto, soprattutto perché sa quanto costa restare sulla breccia. Perché a lui questo sogno realizzato sta costando la vita, nel senso che, come ogni ristoratore che si rispetti, ogni giorno Armando deve essere pronto all’accoglienza dei commensali con il suo sorriso rassicurante. E lo fa benissimo.

Tutt’attorno un’atmosfera satura di luci ed ombre, colori opachi e cangianti tra teiere d’argento, acquasantiere in marmo del ‘500, vasi d’antiquariato sicuramente originali, troni indiani arrivati direttamente da Benares, 22000 pezzi di rame appesi che creano quasi un cielo sulla testa, statue di marmo, candelabri di ottone, divanetti boudoir, tendaggi di stoffe pregiate, ceramiche e bicchieri rococò, servizi di piatti dai disegni erotici, lampadari dal fascino dei tempi passati, dettagli di arredo ispirati dal mondo, quadri a forti soggetti, una bara con la sua mummia, addirittura una prigione ricostruita e tanto altro fino a stordire lo sguardo. Fino a farvi sentire quasi brilli di gratitudine perché godere di tale vista è un regalo inaspettato della vita.

Quindi, sebbene uscirete soddisfatti apprezzando anche la qualità dei sapori proposti dal vario menù, vi renderete conto che mangiare sarà stato l’ultimo dei vostri problemi perché in ogni sala a fare la differenza non sarà lo stomaco, ma gli occhi, in quanto sarete stati trasportati in altre epoche e sarete ebbri di visioni ancestrali. Quasi un girone dantesco senza eguali dal quale farete davvero fatica a staccarvi. E quando lo racconterete agli altri, proprio come termina il canto XXXIV di Dante Alighieri, concluderete dicendo, “E quindi uscimmo a riveder le stelle!”.