Ci sono tante curiosità sull’Inno di Mameli. Ma quella meno nota è il fatto che, parrebbe, non sia un Inno ufficiale, ma soltanto provvisorio. Così è stato dichiarato infatti dal Consiglio dei Ministri del 12 ottobre 1946 dove si legge che, “In merito al Giuramento delle Forze Armate del 4 novembre quale inno si adotterà quello di Mameli…Si proporrà schema di decreto col quale si stabilisca che provvisoriamente l’Inno di Mameli venga considerato inno nazionale”. E questo sembra sia ancora l’unico atto ufficiale dell’Italia, sia Repubblicana che Monarchica, in cui si parla dell’Inno di Mameli come inno nazionale. E dopo?

Che sia tale o meno, Il Canto degli Italiani composto da Goffredo Mameli all’eta’ di 20 anni (due anni prima di morire), a tutti gli effetti viene considerato il nostro inno nazionale dal 1946.  Fu composto durante la prima Guerra di Indipendenza nel settembre del 1847 e musicato da Michele Novaro, maestro dei cori dei teatri regio e Carignano di Torino. Grazie al popolo divenne presto molto noto tra i patrioti italiani in lotta contro l’invasore austriaco.

Si celebra una volta all’anno, ed esattamente il 17 marzo anniversario della Proclamazione del Regno d’Italia durante la quale si festeggia la giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera. Il cerimoniale ufficiale prevede che dell’Inno di Mameli sia eseguita soltanto la prima strofa senza l’introduzione strumentale, e che, durante l’esecuzione, i soldati debbano restare fermi presentando le armi, gli ufficiali stare sull’attenti ed i civili, qualora lo desiderino, tenere la mano destra sul cuore.

A dispetto di quanto si mormora visto che si è parlato anche di sostituirlo con il suo Và Pensiero, al compositore Giuseppe Verdi piaceva molto. Infatti, fu lo stesso Verdi, dopo avere composto su richiesta di Mazzini un inno che non piacque granchè, a proporre l’Inno di Mameli come simbolo dell’Italia unita, infatti volle inserirlo al posto della marcia reale nell’Inno delle Nazioni che compose per l’Expo di Londra del 1862.

Questo Inno è stato canticchiato dal popolo anche durante il regime fascista e questo nonostante nel 1932 una disposizione del segretario del Partito avesse stabilito fosse vietato cantare qualunque canto non facesse riferimento al Duce o alla Rivoluzione Fascista.

Per legge dal 2012 l’Inno si studia a scuola insieme all’Unità nazionale, alla Costituzione e al Risorgimento, ma l’argomento è stato molto controverso e, pare, non siano pochi gli insegnanti che scelgono di saltarlo. Per fortuna, comunque, mentre era Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi affidò a grandi musicisti, tra i quali Accardo, Sinopoli, Abbado e Mehta, il compito di dirigere l’Inno e grazie alla loro bravura, oggi abbiamo molta scelta e ascoltandolo si possono godere performance straordinarie.