È quasi un inedito Mirò quello che viene raccontato dalla mostra mantovana dentro le Fruttiere di Palazzo Te.

L’artista infatti ha avuto con la pittura un rapporto quasi carnale, era una sorta di tutt’uno con le sue tele, visto che dipingeva con le mani e con le dita, lasciando il proprio palmo impresso dentro alcune opere. Si narra addirittura che, in nome di questa simbiosi, vi camminasse sopra a conclusione del processo creativo.

Dallo scorso 25 novembre e fino al 6 aprile 2015, la mostra “Joan Mirò: l’impulso creativo”, espone disegni, oli di estrema bellezza, arazzi, bronzi e altri capolavori di questo artista nato a Barcellona da una famiglia benestante che, però, gli vietò di dedicarsi all’arte indirizzandolo a studi commerciali.

Solo nel 1920 riuscì a trasferirsi a Parigi iniziando ad esprimersi in modo tutto suo, unico ed originale, fondamentalmente astratto. Nell’interessante video visibile a Palazzo Te, si ascolta parlare un Mirò che racconta quanto soltanto dopo il suo matrimonio, che lo portò a vivere a Palma di Maiorca, diede libero sfogo a tutta la sua sete di conoscenza al punto da interessarsi alla pittura quadridimensionale e alla scultura gassosa.

Quando all’età di 90 anni Joan Mirò morì era avvolto ancora completamente da nuovi progetti e dalle sue opere. In Mostra la ricostruzione degli Studi Sert e Son Bote, i luoghi nei quali l’artista catalano creò i suoi capolavori, con tutti gli oggetti, i pennelli e gli strumenti che Mirò usava durante il processo creativo e che si sono conservati grazie all’attività della Fundacio Pilar i Joan Mirò.

Di questo artista, il più surrealista dei surrealisti, come lo definì Andrè Breton, vedrete un percorso unico molto bene congegnato dove ogni opera, sebbene non sembri, è riconducibile al quotidiano, in una visione visionaria, ma associabile sempre al reale.