TOMBA LA BOMBA, così ci ritorna alla mente lo sportivo Alberto Tomba. Uno che ha dribblato paletti come tutti avremmo voluto fare, se non come ha fatto lui sui campi da sci, magari nella vita. Che ha regalato record di ascolti alla Tv. Che ha infilzato per anni una vittoria dietro l’altra per farsi rimpiangere, non solo dal circo bianco. Che ha influenzato le scelte sportive di milioni degli odierni trentenni.

Come avrebbe potuto sparire uno così? Da qualsiasi parte l’abbiate guardato, sia l’abbiate amato per la sua spontaneità, o odiato per quel tocco di simpatica spavalderia, si sapeva che sarebbe rimasto sotto i riflettori.

Alberto Tomba in posa per Pentaphoto Milano

Alberto Tomba in posa per Pentaphoto Milano

D’altronde chi sa regalare emozioni esiste per sempre. E Alberto Tomba ha avuto la capacità di farlo scommettendo soltanto su se stesso, vincendo o perdendo, magari cadendo, ma di nuovo rialzandosi, bruciato più da quella sua energia incontenibile che dal calore di quel sole che, su e giù dai campi innevati, gli scaldava la pelle tutto l’anno. Un ciclone umano, una potenza vitale che spesso ritroviamo soltanto nei grandi campioni. Dal 1999, in quanto testimonial di un’associazione benefica, “ci mette la faccia” e in questa intervista ci racconta in che modo.

«Sono uno dei membri fondatori della Laureus Academy & Sport for good Foundation che dal 1999, insieme ai 40 migliori atleti del mondo, realizza progetti in tutto il pianeta per promuovere lo spirito ed i valori sportivi. Agisce soprattutto in quei luoghi dove povertà, problemi etnici e disinformazione fanno da padrone. Lì è necessario più che altrove  un elemento aggregante come lo sport nel nome del quale crescere le nuove generazioni: perchè i bambini di oggi, saranno gli adulti del domani».

Di recente c’è stata un’inchiesta che sostiene che gli sciatori non facciano bene alla montagna, né all’ecosistema montano in genere. Cosa ne pensa e cosa risponde a questa sorta di “provocazione verde”?

«Non ne sono al corrente. Quando scii sei talmente  a stretto contatto con la natura, che non puoi che amarla. E se la ami la difendi. Sarà come dicono, ma credo che una sciata faccia nascere molta più coscienza “verde” di quanti danni rechi all’ecosistema».

Come è il suo rapporto con l’ambiente e in che modo lo difende nel quotidiano?

«Essendo uno sportivo mi comporto in modo responsabile e, per esempio, se non è per lavoro cerco di utilizzare poco l’auto. In casa divido i rifiuti e sto attento all’acqua o  alla luce che consumo. Piccole cose, ma importanti.

Cosa le mancherebbe della civiltà se dovesse perdersi nella classica isola deserta?

«Forse la televisione, il telefonino e gli sms…ma solo per i primi 5 giorni. Lo giuro».

Saprebbe accendere il fuoco senza fiammiferi o altro di analogo?

«Ci potrei provare…»

Ha mai fatto o pensato di fare un corso di sopravvivenza?

«No, ma se non riesco ad accendere il fuoco di cui sopra dovrò farci un pensierino….»

C’è un animale estinto che le suscita simpatia e uno che non vorrebbe si estinguesse mai?

«Estinto direi il mammut. Che non si estinguesse mai, visto i tempi che corrono, l’uomo».

Qual è l’elemento naturale con il quale ha più affinità. Acqua, aria, terra o fuoco e soprattutto perché?

«Fuoco come il mio segno zodiacale (è nato il 19 dicembre, ndr)».

Ha mai pensato di aprire un’attività che abbia a che fare con la terra, come diventare viticoltore e produrre vino?

«Si, proprio il vino è una delle mie passioni, da collezionista intendo. E mi sarebbe piaciuto avere un po’ di ettari da mettere a viti, ma anche ad ulivi…chissà forse più avanti…»

Possiede un pezzo di campagna dove rifugiarsi, o non le piace?

«Sono nato e vissuto in campagna, sulle colline attorno a Bologna. Non avrei potuto desiderare di più da bambino per i miei giochi all’aria aperta. Comunque anche adesso che sono adulto la campagna resta il mio buen ritiro».

Gli animali fanno parte della sua vita? Quali ha avuto e a chi si è affezionato di più.

«Li amo tutti, ma quello a cui sono stato più affezionato è stato il mio cane Rommel, uno schnauzer nero gigante».

In quale animale vorrebbe reincarnarsi e perchè?

«Il Ghepardo. Perché è un felino, veloce ed agile. Due qualità indispensabili nella carriera agonistica che ho svolto».

Vegetariano o carnivoro?

«Carnivoro, certamente.

Come vede il problema dei piccioni. Sarebbe per la loro sterilizzazione, in modo da controllare le nascite?

«Sento storie allucinanti su questi poveri volatili. C’è addirittura chi li sopprime con mangime avvelenato e allora a questo punto è  meglio la sterilizzazione».

E per quanto riguarda i cani o i gatti randagi?

«L’ideale sarebbe fare come ho fatto io: adottarli. La cagnetta di mia mamma Birba, una bastardina che ho trovato a lato di una strada di campagna, mi sembra abbia molto apprezzato».

Lei ha anche viaggiato tanto. C’è un paese che ritiene assolutamente da visitare?

«L’Italia. In lungo ed in largo».

Foto: Pentaphoto Milano