“C’è un incantesimo sul golf che mi perseguita. Questo sebbene tale gioco sia per me come una bella donna del quale mi sono perdutamente innamorato durante un viaggio fatto negli anni ‘90 nello Stato di Tobago e Trinidad. Ricordo ancora quel simpaticissimo maestro di colore che mi ha iniziato, rammento la frenesia con la quale, appena rientrato in Italia, mi sono iscritto all’Olgiata e ho buttato la racchetta da tennis nonostante ci giocassi da quando avevo 5 anni.

Ma c’è un ma, perché questa passione è frustrata da una serie di infortuni, un tira e molla che ha dato origine a un’ansia e ad una sorta di nevrosi da sfida. In questi 20 anni, infatti, tutte le volte che ho iniziato a giocare meglio sono sempre stato bloccato da un successivo nuovo incidente. La prima volta sono caduto dalla bicicletta e mi sono addirittura rotto una spalla. La seconda volta sono scivolato sul terreno fangoso e mi sono rotto un ginocchio. L’ultima, non lontanissima nel tempo, sono inciampato e il tendine del piede sinistro da allora ha fatto il matto e a giorni lo dovrò operare perché ho un fastidiosissimo rigurgito di dolore.

In buona sostanza, io gioco contro il campo, ma anche contro la fatalità. Però sono fiducioso e troppo innamorato per mollare e conto nell’estate del 2009 per rifarmi. Ho la segreta speranza che sia la volta buona per tornare a riesplodere come decoroso dilettante golfista. In fondo tanta passione dovrà dare, prima o poi, dei buoni frutti. Non chiedo mica tanto, non ho velleità di diventare un campione, mi comporto bene, ascolto i consigli e tento di metterli in pratica. Anche sul campo sono disciplinato e l’unica cosa alla quale non so proprio rinunciare è di portarmi un termos di caffè caldo. Guai a non averlo, se non ce l’ho ‘vado ai pazzi’.

Comunque sono riuscito anche ad inanellare la mia personale terribile giornata golfistica. Dopo che il mitico maestro dell’Olgiata Ugo Grappasonni è scomparso, mi sono messo nelle mani di un nuovo maestro, il mio adorato Massimo Mannelli, per me praticamente un figlio con il quale è nata una grande amicizia. Circa 6/7 anni fa Massimo ha deciso che ero pronto per una gara molto impegnativa e che l’avremmo fatta insieme. Era la mia prima vera gara ufficiale e si sarebbe giocata al Golf Marco Simone della cara amica Biagiotti.

Partiamo e non ‘piavo una palla’, non ne beccavo neanche una. O lisciavo, o i pat arrivavano a 6 metri dalla bandierina, o nello swing facevo i buchi per terra e sparavo zolle. Ad un certo punto, eravamo oltre la nona buca ed ero messo malissimo, inizio ad ingranare e sentivo di essere in netta ripresa. Non l’avessi mai pensato. In un secondo si è alzato il vento ed è arrivato un  temporale con lampi e tuoni, uno scroscio di acqua che mi sembrava di essere sotto un doccione, di quelli che vanno di moda adesso. E ad un certo punto ho sentito suonare le sirene: avevano interrotto la gara!

Questo è stato l’inizio delle mie competizioni nel golf e, da allora, credo di non avere mai più visto un meteo così brutto. Da quel giorno ho deciso che non ne avrei più fatte, è stata la mia prima e ultima gara. Il mio maestro Massimo, negli anni, ha anche provato a farmi riavvicinare, ma non è mai più riuscito a convincermi. Però siccome non sono per niente scaramantico, recentemente ho deciso che dovrò superare questo stupidissimo limite, capisco che è solo un blocco.

Così appena torno in perfetta forma fisica, non solo voglio riprendere alla grande, ma voglio fare di nuovo una gara. Se sono in Italia, la farò all’Olgiata, ma se come tutte le estati sarò negli Stati Uniti, esordirò di nuovo oltre Oceano. Solitamente passo le vacanze nel Sud Carolina, nel famoso paradiso golfistico di Myrtle Beach e finisco gli ultimi 10 giorni a Miami.

Comunque, a dispetto del reale rapporto di conflittualità che ho con il golf, siccome è un grande amore mi consolo pensando a quella strofa di una canzoncina che dice ‘l’amore non è bello se non è stuzzicarello’. E tengo duro”.

Luca Giurato