Piero Angela

«Io sono un doppio viaggiatore, per lavoro e per curiosità personale, ma per quanto riguarda le vacanze vado sempre in giro in luoghi poco conosciuti o poco frequentati anche perché noi, rispetto alle generazioni precedenti, abbiamo il vantaggio di essere i primi, ma anche gli ultimi a vedere il mondo come è stato in passato. Se prendiamo un aereo possiamo scendere nell’800, nel ‘600, nel Medioevo, nella Preistoria, con poche ore di volo.

Questo è un modo di viaggiare che consente il passato delle nostre società e, anche se oggi oramai è quasi impossibile, ci sono ancora dei luoghi incontaminati dalla civilizzazione. Da 40 anni, cioé da quando viaggio, c’è stato un cambiamento enorme perché il turismo è arrivato quasi dappertutto. Vent’anni fa era ancora possibile andare in villaggi dove si incontravano cose originarie, autentiche. Oggi è difficile.

Ho tanti ricordi, ma adesso mi viene in mente la traversata del Téneré, fatto venti anni fa, un deserto che si trova nel Niger, a sud dell’Algeria. Sono stato tre giorni e tre notti insieme ad un cammelliere che mi ha fatto da guida. Eravamo tre jeep nel nulla, proprio come è il significato etimologico di Téneré. Per me giorni meravigliosi, ma non faccio testo perchè io amo i deserti. Abbiamo avuto modo di vivere questa natura in modo pieno e non ho avuto paura, anche se oggi è più insicuro. Proprio in quella regione è andato anche mio figlio l’anno scorso e sono stati aggrediti e picchiati selvaggiamente da predoni armati e guerriglieri.

Deserto Téneré

Viaggiando comunque tendo ad adattarmi, ho usato molto con il sacco a pelo e le tende. Non per una scelta ideologica, ma perché se si vuole andare in certe zone, dove non ci sono alberghi, né strade, né ristoranti, bisogna portarsi dietro il necessario. In tenda però sto bene, o io ci sono abituato.

In passato ho anche tenuto dei diari perché credo che permettano a distanza di tempo di rifare il percorso, molto più delle poesie, riprovandone le emozioni. Scrivevo anche 15 pagine al giorno, non era solo un’agenda. Penso sia il modo migliore di viaggiare perché mi sono portato a casa le emozioni. Però non li pubblicherei mai perché sono molto privati.

A casa ho portato anche molti souvenir. Ricordo in particolare di avere comprato in un mercatino a sud del Niger, a Bororo, un’ascia per la danza della pioggia. Ovviamente non l’ho mai usata. Ho anche comprato un accendino preistorico, fatto in una base vicino al Tibet, con una pietra focaia e della paglia. La scintilla incendiava la paglia.

Le valigie le delego a mia moglie se partiamo insieme, diversamente mi arrangio e non mancano mai i medicinali, soprattutto quelli per la dissenteria, perché può succedere e nel caso se non ci si può curare subito ci si rovina il viaggio.

Penso oramai di avere girato tutto il mondo, ma mi piacerebbe ritornare in India. E’ un luogo che mi affascina e nel quale ogni volta scopro qualcosa, dalla cultura, ai templi. Poi questa atmosfera spirituale, questa gente molto bella, persone molto cortesi. E’ un paese dove si percepisce un’antichissima cultura, sempre viva, che non viene contaminata da un’imposizione esterna».