Carbone, stagno, fosforo, cemento, rame, fino a qualche anno fa era soprattutto questo lo Yunnan, una delle province nel sud ovest della Cina. Poi, il fascino di 25 minoranze etniche ha cambiato tutto. Il governo ha scelto di investire sulla miscellanea di culture, costumi e lingue di questi sparuti popoli, con l’intento di preservare ‘casa loro’, quegli altipiani dal cielo terso e dall’aria pulita ad oltre 2000 metri di altitudine. Per questo tante industrie, in pratica le più inquinanti, sono state spostate altrove o addirittura chiuse. E i visitatori sono in aumento da tutto il mondo.

Kunming, La Foresta Di Pietra

Il nostro viaggio parte proprio da Kunming, la capitale della Contea dello Yunnan, ‘città dell’eterna primavera’ grazie al clima appena a ridosso del tropico del cancro. Anche il veneziano Marco Polo che la visitò nel tredicesimo secolo ne fu affascinato e nei suoi scritti ritroviamo il cavallo d’oro e il gallo verde, antichi emblemi cittadini sostituiti oggi dalla Porta del Drago e dal Padiglione della Grande Vista.

Ma a Kunming il tempo non si trascorre soltanto inebriandosi di aria pulita dentro il monastero taoista Tempio Toro, passeggiando nelle Grotte del Drago lungo i sentieri delle Colline occidentali o nel bacino del lago Dianchi, che pare quasi un mare tanto è grande e suggestivo incorniciato da una corona di montagne sempre fiorite.

La visita stessa alla Foresta di Pietra dove vive l’etnia Sanya, subito fuori porta, stupisce come potrebbe farlo un passaggio tra giganteschi spuntoni di roccia calcarea in un’epoca preistorica, mentre le vetuste e centralissime Case da The, come la Han Yuan, continuano il loro intramontabile lavoro ‘iniziando’ a questa millenaria bevanda nuovi clienti grazie al Pu-Erh, un the dalle straordinarie proprietà terapeutiche, oramai così cool da essere venduto a qualsiasi prezzo, sebbene le quotazioni ufficiali lo diano attorno ai 25 euro ogni 100 grammi.

Jinghong

Il nostro itinerario attraversa quindi una Cina inaspettata, dopo Kunming andiamo a Jinghong, poi a Dali e infine a Lijiang e capiamo così perché la maggioranza dei cinesi, prima o poi, arrivano in pellegrinaggio nello Yunnan, per posizione crogiuolo privilegiato di minoranze etniche e campione di scenari paesaggistici di rara bellezza naturale.

Su questi lembi di terra apparentemente lontani dal progresso, milioni di individui della razza Han si sono fatti influenzare e convivono pacificamente con le poche migliaia di Dai, ferventi buddisti coltivatori di riso, di Hui, musulmani devoti dai colori bianchi e blu, di Yuan, i più diretti discendenti cinesi della dinastia mongola e di Miao dalle collane e copricapo decorati di argento battuto a mano. La diversità incuriosisce sempre.

Nella capitale della Contea di Xishuangbanna, a Jinghong, il contesto è invece così tropicale che non sembra neanche di essere in Cina tanto l’umidità è una costante e pachidermi e pavoni sono incontri possibili. A 45 km dalla cittadina, nella Valle degli Elefanti la rigogliosa natura invade anche la lunghissima seggiovia che attraversa diverse vallate, in un saliscendi silenzioso rotto soltanto da barriti e cinguettii.

Jinghong, La Valle Degli Elefanti dall'alto

Ma Jinghong, tra templi e case thailandesi, oltre al fascino thai maturato prima della conquista cinese del 1948, presenta anche quello del fiume Mekong, che in questa parte cinese si chiama Lan-ts’ang Chiang, navigabile lungo rive argillose e acque colore del fango. Chi si accontentasse di attraversarlo, all’imbarco Meng Han Ferry troverà chiatte-traghetto impegnate in avanti e indietro infiniti tra le due sponde, tutto attorno un interessante spaccato di quotidianità. Il capitano per questo tragitto vi chiederà soltanto pochi Yuan.

Proseguiamo diretti a Ganlanba, verso alcuni villaggi delle minoranze Dai e Jinuo. I Dai sono gentili e vivono in modo semplice, vanno al monastero per studiare i libri sacri e possono avere famiglie numerose, a differenza dei cinesi che per legge dal 1979 possono avere soltanto un figlio. Per strada, piantagioni di banane con i caspeau avviluppati dentro sacchetti azzurri ad evitare che la buccia diventi troppo punteggiata di nero.

Dali, Le tre Pagode millenarie

All’indomani si parte in aereo per Dali, la vecchia città dai tetti dorati il cui primo benvenuto sono le tre altissime pagode di oltre mille anni, proprio nei pressi del lago Erhai a forma di orecchio, il secondo in Cina per dimensioni. Siamo di nuovo a 2000 mt, posizionati tra le montagne nel centro dell’Asia a soli 450 km dal Myanmar.

Ovunque cave e artigiani che lavorano il marmo, il materiale che dà il nome alla città la cui nomea spazia dall’attore Jacky Chan al famoso giocatore della nazionale di calcio Gao Lin Feng, che hanno casa anche qui. Nella via principale, appena oltre l’arco sulla sinistra, da non perdere Fang Lijun, un negozio che vende lastre marmoree di tutte le misure tagliate ad hoc per ‘disegnare’ paesaggi naturali, un’idea regalo originale e di pregio, a dispetto dei prezzi contenuti, soprattutto se siete bravi nell’abituale arte del mercanteggiare.

Ljiang, negozio di pettini

L’ultima tappa di questo viaggio attraverso una Cina inusuale, è Lijiang. Ci si arriva in bus salendo fino a quota 2500 mt di altitudine e oltrepassando coltivazioni di fiori di tabacco, fave, cereali, colza e caucciù, ma anche tanti fiori (molti di quelli venduti ad Amsterdam arrivano da qui). Tra un cimiterino e l’altro, banchetti di pannocchie, cartelloni pubblicitari che portano il consumismo nei luoghi più remoti, pannelli solari per scaldare l’acqua raccolta in piccole cisterne sui tetti, villaggi dove vivono gli specialisti del riso, ossia gente che da 13 anni a questa parte ha introdotto sul mercato una nuova qualità che rende molto di più, sebbene non sia Ogm. In cammino verso i mercati locali, donne in abiti della tradizione con le gerle sulle spalle. Alle 12 e alle 18, tutti si fermano, è ora del pasto e ovunque, anche sul ciglio della strada, spuntano le ciotole e le immancabili bacchette per mangiare.

Man mano che si sale, quasi in vista di Lijiang, gli autotreni straripanti di pietroni e sabbia rallentano la viabilità, camioncini di sacchi a strati danno passaggi a persone che ci si stipano sopra in un equilibrio impensabile, essiccatoi di tabacco, betoniere di tutte le dimensioni e solchi agricoli tutt’ora scavati a mano.

Ljjiang, le danze in piazza

In arrivo a Lijiang cascatelle e case a pagoda anticipano il fascino di una città che è stata scoperta dai turisti soltanto dopo il 1996, e purtroppo causa un triste evento. Un brutto terremoto l’ha praticamente rasa al suolo lasciando intatto soltanto il centro storico e le case più antiche hanno retto al sisma perché poggiavano sopra una base di legno, ottimo cuscinetto alle scosse. Sullo sfondo, non appena ne intravedi le luci, dolci montagne innevate la incorniciano mentre nella piazza principale troneggiano due grandi ruote funzionanti di mulino e una targa che ricorda che è Patrimonio Unesco. Tra le sue caratteristiche viuzze di selciato e piccoli canali di acqua, si trovano negozietti mono prodotto dedicati a pettini, poncho, foulard, carne di yak, pennini da scrittura. L’aria è frizzante e si accompagna ad un’atmosfera festosa, la stessa che ti accompagnerà tutti i pomeriggi quando gli anziani delle minoranze, nei costumi della tradizione, si ritrovano in piazza per ballare le loro danze tipiche e ti inviteranno ad unirti a loro.
Andare via dallo Yunnan lascia la strana sensazione che ci si tornerà.