Dove va quella farfalla, così lontano dalla Francia, ma francese da prima che lo fosse la Savoia? Te lo chiedi appena sbarchi all’aeroporto della Guadalupa dal volo Air France.

Ad accoglierci dall’alto di gigantografie fotografiche le loro glorie olimpiche, Roger Bambuck, Marlene Canguie e fuori, tra i taxi gialli/neri e il suono della beguine, la musica della tradizione, si celebrano altri grandi guadalupiani contemporanei, da Michael Pietrus a Thierry Henry.

La farfalla però è ovunque e sulla banconota da 500 euro ne distingui anche la forma, la stessa di quest’isola nel mezzo del Mar dei Caraibi.

Mentre ti sposti da Pointe-à-Pitre, l’ala ad est della farfalla, l’autista ti racconta di due correnti di pensiero. Tra il popolo c’è chi si sente francese e basta, siamo nella vecchia Francia d’Oltreoceano, e chi, dando voce alle memorie degli schiavi importati dall’Africa ai tempi della colonizzazione, sposa i ritmi tribali dei tamburi.

Ma colui che si innamora della farfalla Guadalupa cerca soltanto la sua anima creola e caraibica, compresi i galletti che ti attraversano la strada, e se ne frega del resto.

Facciamo base al Creole Beach Hotel&Spa di Gosier e prendiamo la route de la Traversé, che unisce da est a ovest le due ali ed, evitando l’imbottigliamento degli orari di punta, in pochi chilometri siamo sulla Basse Terre la parte ricoperta dalla foresta pluviale. Non capita sovente di fare pochi passi e ritrovarsi tra bambù disposti a mazzi alti 10 metri e felci verde acceso che ricoprono come manti regali il ciglio della strada.

Dopo una distesa di cassette della posta tanto grandi da far credere che qui non sappiano cosa siano le e-mail, troviamo la mascotte Racoon Parc Des Mamelles con l’esperienza del ponte sospeso e le 60 specie di animali autoctoni protetti. C’è anche un picchio che vive solo in Guadalupa.

All’uscita prendiamo verso Deshaies per andare sulla spiaggia Grand Anse, un luogo suggestivo con una lunga intera baia di sabbia bianca. La naturale gobba della spiaggia nasconde alla vista l’ingresso in acqua e non ci si accorge dei cavalloni che increspano il mare ogni giorno. E’ il posto giusto per gustare la cucina creola, la fricassé de chatrou (polpo fritto) o un pollo alla Boucan cotto sulla canna da zucchero, al ristorante Karacoli, da Madame Lucienne e suo fratello Robert proprio sulla Grand Anse.

Ma su territorio francese, poteva mancare il Forte di Napoleone? Domina la Terre-de Haut e per arrivarci si naviga per circa un’ora partendo dal porto di Trois-Rivieres (nel sud della Basse Terre). Occhio però agli alberi marcati di vernice rossa, sono chiamati ironicamente Belle Mère (suocera) e sono velenosi al punto da doversi lavare le mani se si tocca la corteccia.

Il villaggio è carino e nel vicino orizzonte spiccano le barriere coralline, potrete sia salire su piccoli battelli stile Nautilus per ammirare i fondali ricchi di pesci, sia rivolgervi ai centri diving per pinneggiare tra le mangrovie delle immacolate isole Caret e Blanc (se volete parlare italiano c’è Nico Excursions).

Poi puntiamo a nord attirati dall’odore agre, misto dolce e bruciato, di Le Boucan nei pressi di Sainte Rose. A perdita d’occhio campi di canna da zucchero che si tuffano in mare e a bordo strada monumenti che riproducono ingranaggi e celebrano la sua lavorazione.

Qua la canna si raccoglie a mano senza sosta 24 ore al giorno e di notte, se non c’è la luna piena, i braccianti illuminano il lavoro con le torce. Funziona così anche al Domain de Severin, il fondo più antico della Guadalupa risalente agli inizi del 1800, l’unico ad essere ancora irrigato grazie alla forza motrice di una grande ruota di mulino ad acqua. Dopo il nonno fondatore Henry Marsolle, di generazione in generazione, figli e nipoti portano avanti la sua opera.

La visita al dominio si fa in trenino prendendo parte alle diverse tappe di lavorazione del ‘rum agricole’ (pluripremiato) e ascoltando la storia di uno dei prodotti patrimonio e cardine di questa verde terra.

Solo al ritorno ci fermiamo nella capitale Pointe-à-Pitre, moderna e tradizionale al contempo con la sorpresa dei suoi vicoli ordinati. Dopo il mercato, gli edifici creoli, la piazza della Vittoria ornata di palmeti, la visita che ti regala un’atmosfera contrasto bohemienne/creola, è quella alla Cattedrale. Ancora oggi, per la funzione domenicale del primissimo mattino, le donne arrivano vestite a festa con cappellini a veletta, guanti e borsetta in tinta.

Nell’ultimo battito d’ali, una nave emerge nel cuore del centro storico subito addossato al porto. Sarà questa l’immagine che vi resterà negli occhi.