Oggi nessun luogo é lontano. Nemmeno la Malesia che nell’immaginario collettivo, grazie ai fantastici racconti di Emilio Salgari, ricordiamo come la terra di Sandokan e che, ai tempi del romanzo, restava un luogo irraggiungibile ai più, condizione che l’ha fatta entrare di diritto a fare parte dei nostri sogni di viaggiatori.

Da Kuala Lumpur per rilassarci dopo il volo ci lasciamo coccolare dall’originale design del Maya Hotel, incantati all’ombra della svettante veduta delle Twin Towers, voliamo nel Borneo malese a Kuching, la città il cui nome significa gatto e nella quale, tra le decine di statue che lo festeggiano, il prossimo Novembre ci sarà anche un Festival a lui dedicato. Ci orientiamo meglio nel centrale Museo Sarawak che ci chiarisce le tradizioni di questo popolo.
Ma il nostro on the road punta dritto al cuore della regione Sarawak, a cinque ore di auto, dentro la giungla, al Centro di recupero per gli orangotango di Semengoh Wildlife dove gli animali malati vengono curati per essere reinseriti gradualmente nel loro habitat naturale. La visita é destinata ad emozionare perché, seppure ogni giorno gli orangotango arrivino volontariamente alle piattaforme dove i rangers lasciano le banane e sia possibile fotografarli da vicino, sono a tutti gli effetti animali liberi nella foresta pluviale.

Ci sgranchiamo le gambe facendo sosta al coloratissimo mercato di Serian, sui caotici banchetti alcuni frutti e verdure ci sono sconosciuti, d’altronde la natura offre una grande varietà commestibile qual é il midin, una squisita felce della giungla che i malesi usano abitualmente per cucinare. O il cangkuk manis, anch’esso proposto tra i migliori piatti della tradizione, una sorta di spinacio selvatico che viene servito solitamente con le uova.

Il resto del tragitto scorre veloce mentre dai finestrini dell’auto il nostro sguardo viene calamitato dai meravigliosi giardini di alberi da pepe, frotte di orchidee selvatiche ed ettari di piantagioni di cacao e di caucciù.
All’indomani, a Batang Ai una guida locale ci introduce in un villaggio degli Iban, l’antica tribù che oggi vive pescando e confezionando manufatti, ma che divenne famosa perché i loro avi erano tagliatori di teste e pirati. Servono 30 minuti di navigazione, in difficile equilibrio, su una vecchia affilata imbarcazione per raggiungere la longhouse Mengkak di un gruppo tribale che vive sulla riva del fiume Engkari. Entrando scalzi in casa pare di andare a ritroso nel tempo e sebbene abbiano mantenuto gran parte delle loro usanze e dei loro rituali gli Iban oggi non sono più guerrieri, sembrerà comunque impossibile che questa gente abbia il progresso a pochissimi chilometri.

La longhouse tipo é una bassa casa di robusto legno lunga fino a 170/200 metri e ha un’architettura semplice, ma inconfondibile. All’esterno i semplici tetti sbucano dalla vegetazione e si scorgono facilmente muovendosi in barca, all’interno, per via della predominanza del legno, del suo caldo colore e degli ampi spazi in comune regalano un’atmosfera avvolgente. Non a caso alcune sono state trasformate in splendidi Resort come il Batang Ai sulle sponde dell’omonimo lago.

Nella longhouse Mengkak dopo avere stretto la rugosa mano del capo villaggio, tatuata come vuole la loro cultura per i più coraggiosi, i bambini giocano e le donne portano avanti le loro faccende, più tardi inizieranno i balli dei danzatori in costume nel sottofondo musicale di strumenti basici. E alla fine, dopo avere pranzato seduti per terra insieme al capo tribù, perché le donne e gli altri della famiglia in segno di rispetto mangeranno a parte, concludiamo il pomeriggio ammirando la loro abilità nell’intrecciare stuoie riportanti scene di vita quotidiana.

Prima del rientro, risaliamo la regione del Sabah fino alle azzurre acque del mare di Celebes, ed approdiamo a 45 minuti dalla costa del Borneo, a Pom Pom Island, un incantato atollo tropicale dove gli abituali compagni di gioco sono stelle marine e grosse conchiglie. L’atmosfera di questo mondo tropicale, di uccelli che cantano e selvagge spiagge deserte dove nascono le tartarughe, del suo sommerso subacqueo da copertina, del Centro diving gestito da istruttori italiani, del ristorante dove ritrovare anche i nostri sapori, riesce a pacificare subito gli animi rincuorando in fretta dalle fatiche di un intero anno di lavoro.

Solo quanto il Borneo malese sarà già alle spalle, ci tornerà negli occhi l’immagine di due ragazzi Iban e della loro sfida: dirigere frecce appuntite manualmente dentro le lunghe blow pipe, usate in passato per cacciare animali. Un’immagine tribale che anche Sandokan avrebbe approvato.