“E’ come se qui Dio avesse aperto un nuovo capitolo della creazione”, scrisse un giovane Charles Darwin quando sbarcò in Australia nel 1836. Tranne gli aborigeni, però, nessuno aveva ancora attraversato l’immenso deserto rosso che ricopre buona parte di questo continente spingendosi fino a toccare The Rock, il monolito del Kata Tjuta National Park che si erge 348 metri in altezza e sprofonda, per il doppio, sotto la sabbia. Il simbolo della real Australia è questo masso gigante, conficcato nel cuore del Northern Territory quanto lo sarà dentro il vostro non appena l’avrete scorto da decine di chilometri di distanza.

Gli australiani lo chiamano il centro rosso, perché questa regione si trova esattamente al centro del continente australiano ed il rosso, in tutte le sue più spettacolari sfumature, è il solo colore che contrasta con l’azzurro di un cielo avaro di piogge. Siamo nella parte sud dello stato del Northern Territory in un ambiente desertico tra i più antichi della terra che per le particolari condizioni climatiche si è conservato, per la gioia di scienziati e studiosi, intatto ed immutato nei secoli.

Attraversando queste terre nel cuore dell’Australia si possono vedere gli stessi panorami e gli stessi spettacoli naturali che accolsero i primi esploratori nella seconda metà del 1800. Una sorta di riserva dove la mano dell’uomo non ha potuto intervenire in passato, ed oggi fortunatamente non vuole, per cambiare il corso degli accadimenti naturali. Partiamo a bordo di un attrezzato fuoristrada 4X4 e lasciandoci alle spalle la leggendaria cittadina di Alice Springs, vero avamposto nel deserto e punto di partenza e ritorno per ogni escursione in questa zona, ci dirigiamo verso est con l’intento di visitare alcuni tra i più spettacolari ‘monumenti’ naturali presenti sul nostro pianeta.

Percorsi 132 chilometri di strade deserte circondati da un habitat spettacolare e selvaggio raggiungiamo Glen Helen Gorge un’ansa del fiume Finke, il più antico della terra, che all’ombra di due altissime pareti rocciose scavate in 350 milioni di anni ha formato una sorta di limpida piscina naturale contornata da alberi e piante, un’inaspettata quanto gradita oasi nella quale possiamo anche concederci un ‘atavico’ bagno rinfrescante.

Proseguendo lungo la Red Centre Way incrociamo la Mereenie Loop Road e qui il nostro four wheel drive diventa utilissimo, ci aspettano infatti 227 chilometri di strada sterrata. La Mereenie Loop Road è una strada particolare, per accedere alla quale occorre uno speciale permesso di transito acquistabile per pochi dollari australiani ad Alice Springs, ci addentriamo infatti nelle terre di proprietà degli aborigeni e lungo il percorso è proibito uscire dalla strada principale, sostare a lungo, fare trekking, fermarsi per campeggiare o fare un pic nic.

Gli aborigeni australiani sono un popolo timido, gentile e mite, ma facilmente suggestionabile ed essendo le loro tradizioni molto diverse dalle nostre, alcuni nostri comportamenti potrebbero involontariamente risultare offensivi o irrispettosi delle loro convinzioni. A questo proposito le comunità locali di queste genti vengono preservate dal governo australiano che oltre a riconoscere i loro antichi diritti di proprietà ne tutela severamente la privacy.

Attraversiamo i 227 chilometri di strada rossa e rugosa ammaliati da questi paesaggi così insoliti per noi italiani, durante il tragitto incontriamo un branco di cavalli allo stato brado, diverse grandi lucertole che si riscaldano sulle rocce ai bordi della strada tra cui l’impressionante diavolo spinoso e, con il fresco all’imbrunire, un notevole numero di wallaby e canguri. Sembra impossibile che per migliaia di anni gli aborigeni abbiano potuto sopravvivere in questo habitat così estremo. Pernottiamo nelle vicinanze del Kings Canyon intenzionati a godere con le prime luci dell’alba di un non difficile trekking che ci porterà ai tempi in cui la crosta terrestre iniziava a formarsi.

Kings Canyon sovrasta di 270 metri il fiume Kings Creek e camminiamo tra le pareti scoscese che sembrano infiammarsi all’arrivo dei primi raggi di sole, scendendo fin sopra le acque del fiume per visitare il Giardino dell’Eden come i botanici hanno chiamato questa zona per la presenza di numerose piante che risalgono al periodo in cui questo deserto era completamente ricoperto dalla foresta pluviale. Di ritorno dall’escursione, al Kings Canyon Wilderness Lodge, una cena attorno al fuoco sotto lo stellato cielo australe ci consente di recuperare le forze per proseguire il nostro viaggio.

Riaccendiamo il motore di buon mattino per dirigerci verso il clou del nostro viaggio, il simbolo spirituale dell’Australia, una delle meraviglie naturali del mondo, il gigantesco monolite di Uluru una sorta di iceberg in arenaria che, come scrivevamo poc’anzi, s’innalza per 384 metri sull’arida e piatta pianura circostante, visibile a chilometri di distanza rappresenta un luogo sacro per i nativi ed una straordinaria occasione di stupore per grandi e piccoli che vi si avvicinano, tra i suoi anfratti una fonte di acqua limpida che sembra sgorgata per volere di qualche divinità ci aiuta a comprendere la sacralità del luogo per gli aborigeni che abitano questo deserto.

Prima di rientrare ad Alice Springs decidiamo di conoscere meglio la fauna del deserto, ma soprattutto siamo curiosi di conoscere le abitudini, lo stile di vita e le interessanti produzioni artistiche degli indigeni. Una visita al Cultural Centre dell’Uluru- Kata Tjuta National Park accompagnati da una guida aborigena si rivelerà interessante, ricca di informazioni ed anche utile a conoscere questo popolo nomade che fin dalla notte dei tempi ha saputo adattarsi e sopravvivere nella natura estrema di questi territori tanto affascinanti quanto autentici.

Per questo, alla ricerca di un’emozione border line tra lo spirituale e il suo rovescio, abbiamo prenotato il Sound Of Silence al Voyages Ayers Rock Resort. Cenare in mezzo al deserto ascoltando il rumore del silenzio mentre il buio si riprendeva Ayers Rock, ci ha chiarito perché gli aborigeni considerino sacra questa formazione rocciosa. E, il giorno dopo, davanti alla rampa che portava sulla cima, abbiamo preferito rispettare la preghiera delle guide Anangu che collaborano con i rangers del Kata Tjuta National Park: < Per favore non scalate Uluru, noi non lo facciamo >.